sabato 14 giugno 2008

L'Irlanda dice NO! E caos nella UE

Gli Irlandesi hanno detto NO al trattato di Lisbona facendo piombare l'Europa in una nuova crisi istituzionale. A questa Unione Europea, manca il consenso popolare e la comunicazione tra le istituzioni e i cittadini è ormai ai minimi termini. Se ne riparla dopo i risultati di Dublino perchè qui gli irlandesi sono stati chiamati alle urne (lo imponeva la Costituzione, non certo per scelta del governo irlandese) ma quasi certamente si sarebbe avuto un esito simile anche altrove, nei 27 paesi dell'Unione, se il processo di approvazione del trattato non fosse stato cautelativamente blindato grazie al voto parlamentare (le bocciature dei cittadini olandesi e francesi del 2005 bruciano ancora).
Il nuovo trattato necessita dell'unanimità per entrare in vigore, quindi tutte le altre 18 ratifiche parlamentari fino ad ora incassate dall'UE, sono inutili.

E adesso che succede?

Grazie al fatto che sia attualmente valido il trattato di Nizza, praticamente non cambia nulla, si continuerà con le regole attuali.
Quello nuovo bocciato, prevedeva la nascita della figura del presidente dell'Unione, maggiori poteri per il ministro degli esteri, e un rafforzamento dei poteri dell'europarlamento.

Non bisogna dimenticare che l'Irlanda bocciò il precedente trattato nel 2001, ma con un gioco di prestigio politico dell'Unione, si riportò gli irlandesi al voto e si ottenne un risicato consenso.

Sembra quindi molto probabile che si ricorra al medesimo sistema anche in questo caso.
E anche vero però che negli ultimi anni il mondo è cambiato molto (vedi globalizzazione), evidenziando enormi divergenze di vedute tra gli stati membri, oltretutto aumentati di numero da 15 a 27. L'Unione è sempre più divisa, piena di antagonismi ed egoismi nazionalistici, legati a differenti interessi economici e politici.
I cittadini dei vari paesi europei non si sono mai del tutto integrati tra loro, nonostante la moneta unica e la libertà di movimento all'interno della UE. Le varie identità, culture, usi e costumi, sono rimaste ben vive. Se pensiamo che in ogni stato ci sono delle divisioni, figuriamoci tra paesi che si sono fatti la guerra e hanno rivaleggiato fin dal tempo dei tempi.
La crisi economica poi, non fa che accrescere questo astio verso delle istituzioni viste da più come inutili, costose e persino dannose.

A questo punto urge che i vari governi riflettano e magari ascoltino di più il volere dei propri cittadini, che ricordiamolo, li hanno nominati come loro rappresentanti.

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